07 Sep Intervista a Marco Buemi
Perchè oggi gli obiettivi di sostenibilità sono divenuti prioritari nell’agenda politica mondiale?
Quando si parla di sviluppo sostenibile, si fa riferimento a un concetto più o meno recente di approccio integrato ai bisogni della popolazione mondiale, diffusosi a partire dagli anni ’80. Il globo ha vissuto, infatti, negli ultimi sessant’anni il più significativo periodo di crescita della sua storia. Questo processo, caratterizzato da uno sfruttamento per lo più intensivo delle risorse naturali, ha generato mutamenti e squilibri sociali, economici e ambientali. I cambiamenti climatici e i processi di desertificazione, la saturazione dei centri urbani, i flussi migratori di massa sono solo alcuni degli effetti globali che osserviamo oggi. Processi che, in assenza di adeguate politiche di sviluppo sostenibile, hanno generato crisi di riadattamento ai nuovi contesti, maggiore disuguaglianza sociale e ingenti danni ambientali. La risposta a questi problemi dovrebbe essere a sua volta globale. Chiediamoci: come si fa a ridurre drasticamente la povertà, la disoccupazione e le disuguaglianze, proteggendo allo stesso tempo l’ambiente, contrastando i cambiamenti climatici, e migliorando la qualità della vita dei cittadini?
Come le istituzioni internazionali, in particolar modo l’ Unione Europea, investono in sviluppo sostenibile?
Le risposte più adeguate arrivano in questo senso dalle due maggiori istituzioni mondiali. Nel 2015 l’ONU ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, con la quale per la prima volta tutti i leader mondiali condividono la responsabilità di elaborare politiche sostenibili e possono misurare la loro azione sulla base di obiettivi, target e indicatori comuni. L’ Unione Europea, invece, sin dai primi anni duemila investe in sviluppo sostenibile, soprattutto per incentivare i processi di rigenerazione urbana. Gli interventi a sostegno di questi progetti vengono attuati sia mediante finanziamenti da parte di appositi fondi strutturali, sia attraverso programmi pluriennali di cooperazione come URBACT , per la promozione di buone pratiche e di politiche urbane sostenibili, e URBAN INNOVATIVE ACTIONS , che si avvale del fondo Europeo di Sviluppo Regionale per sostenere le aree urbane con più di 50.000 abitanti nella sperimentazione di soluzioni innovative per i problemi e le sfide specifici di questi contesti. Fra gli esempi concreti di buone pratiche per un equilibrato sviluppo urbano attuati dalle città partecipanti al programma URBACT si possono citare: la valorizzazione del piccolo commercio nei centri storici, le politiche di inclusione sociale e di accoglienza dei rifugiati, il recupero e il riutilizzo di aree e strutture dismesse all’interno dei nuclei urbani, la riduzione, mediante efficaci e moderne tecniche di riciclaggio e smaltimento, dei rifiuti e la creazione di adeguate strutture di partecipazione democratica per coinvolgimento dei cittadini nelle attività di programmazione dello sviluppo urbano.
Ad un giovane che vuole intraprendere un percorso professionale come Sustainable Development Manager, quali competenze strategiche consiglieresti di approfondire?
Per esercitare questo tipo di professione è necessario un mix di competenze bilanciate e trasversali, frutto di studio, passione e molta esperienza sul campo. Sicuramente occorre un bagaglio tecnico di partenza per gestire progetti di natura complessa, ad esempio un progetto europeo. Consiglierei di approfondire le metodologie di project management, curando gli aspetti di soft skills (comunicazione, problem solving, team working), molto apprezzati oggi in ogni contesto lavorativo. Per lavorare nel mondo dell’innovazione sociale, sia come consulente sia come quadro organizzativo, queste sono oggi tutte competenze imprescindibili per sviluppare reti sociali e di business e gestire comunità complesse. Last but not least, avere un buon bagaglio sia di competenze linguistiche sia di competenze digitali (webmastering, videomaking, social media management etc. ) che rappresenta un valore aggiunto, per sapersi orientare al meglio tra i numerosi strumenti presenti oggi sul mercato e saper scegliere quelli più appropriati per raggiungere i beneficiari dei propri progetti.
Ad ottobre terrai il primo Workshop focalizzato sul Programma “Rights, Equality and Citizenship”, un percorso intensivo di 6 settimane finalizzato alla presentazione di una proposta progettuale per la scadenza di novembre. Ci dai qualche anticipazione? Cosa ci dobbiamo aspettare?
Il programma per i diritti, l’uguaglianza e la cittadinanza tutela i diritti e le libertà riconosciute ai cittadini in virtù del diritto dell’UE. In particolare, interviene per rafforzare l’uguaglianza di genere, combattere tutte le forme di discriminazione e il razzismo. Il programma affronta la questione urgente della violenza contro le donne, i giovani e i bambini. Il programma, quindi, affronta tutte le questioni urgenti dell’agenda politica di ogni Stato Membro e rappresenta un programma di finanziamento prioritario per molte associazioni no profit italiane. In questo bando specifico, che scadrà il 14 novembre 2018, ci occuperemo di prevenzione e lotta alla violenza di genere e sui minori.
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